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I simboli del riciclo della plastica

Guardando sulle confezioni dei prodotti ci siamo ormai abituati a vedere molti simboli, alcuni più noti e altri meno conosciuti. Questi simboli sono inseriti dal produttore per comunicare con il consumatore basandosi su una serie di pittogrammi, a volte arricchiti con un numero limitato di lettere o numeri. Il voler essere sintetici determina però il rischio di non poter essere espliciti e di causare errori di comunicazione qualora il consumatore non abbia una legenda mentale per interpretare tali simboli.

In linea generale, i simboli ci parlano di:

  • Pericolosità, nel caso di prodotti infiammabili, tossici, irritanti etc.
  • Presenza o assenza di certi materiali, come nickel o allergeni
  • Smaltimento del rifiuto a fine vita o dell’involucro
  • Durata del prodotto, ovvero il “da consumarsi (preferibilmente) entro..”
  • Certificazioni, da quelle di provenienza o a quelle di sostenibilità
  • Indicazioni per l’utilizzo, come ad esempio il corretto lavaggio o il divieto di utilizzo per certe fasce d’età
  • Conformità a standard nazionali o internazionali, come il famoso marchio CE
I simboli del riciclo. Un uomo pensieroso.

Fra le centinaia di simboli possibili, in questo articolo parliamo di quelli rilevanti per il riciclo. Andremo in particolare a vedere i simboli del riciclo che possiamo trovare su prodotti o imballaggi di plastica di uso comune. In questa categoria, ricadono:

Simbolo. Uomo con cestino

Un omino stilizzato che butta spazzatura nel cestino. Conosciuto anche come “tidy man“, questo simbolo ricorda semplicemente di non smaltire i rifiuti nell’ambiente ma di gettarli negli appositi bidoni. A volte il simbolo accompagnato dalla dicitura “non disperdere nell’ambiente”.

Attenzione: NON è un’indicazione a buttare il rifiuto nell’indifferenziato!


Simbolo. Nastro di Moebius.

Il nastro di Moebius è utilizzato come simbolo internazionale di riciclo e indica appunto la riciclabilità del prodotto su cui è apposto. Non indica quindi che il materiale è riciclato, a meno che sia segnata una %. In questo caso, la percentuale indica la quantità di materiale riciclato.

Il simbolo, disegnato da G. Anderson nel 1971, ha oltre 50 anni di vita e con la sua struttura chiusa ad anello fa un chiaro riferimento alla circolarità con cui il rifiuto può essere riutilizzato. Le 3 frecce in cui è diviso il cerchio possono indicare le famose 3 R della sostenibilità (riduzione, riuso e riciclo) o anche le 3 fasi del riciclo (raccolta, processo e rigenerazione).

Il logo non è registrato e non c’è un regolamento ufficiale che ne disciplini l’utilizzo


Simbolo. Rifiuto RAEE.

Indica rifiuti di apparecchiature elettriche o elettroniche, in gergo RAEE.

I RAEE non devono essere gettati tra i rifiuti generici o nelle campane della raccolta differenziata anche se contengono materiali potenzialmente riciclabili. I RAEE devono essere sempre conferiti in contenitori appositi o presso le isole ecologiche. Questi rifiuti possono infatti contenere sostanze tossiche per l’ambiente e a volte sono ricchi di materiali pregiati che possono essere recuperati.

Tranne alcune eccezioni, la maggior parte delle apparecchiature elettriche ed elettroniche vendute nell’UE deve recare questa marcatura. Non è quindi un simbolo facoltativo per i prodotti che rientrano nel campo di applicazione del Decreto RAEE (D.Lgs. 49/2014)


Simbolo. Plastica compostabile.

Per la plastica biodegradabile e compostabile sono utilizzati diversi simboli, che attestano la conformità del materiale alla norma tecnica UNI EN 13432:2002. Tale conformità viene verificata da organismi di parte terza accreditati presso l’ente certificatore nazionale.

Si ricorda che un materiale per potersi definire biodegradabile e compostabile deve soddisfare dei requisiti diversi rispetto a quelli per la sola biodegradabilità. Per essere compostabile, il materiale deve degradarsi del 90% in 6 mesi, disintegrarsi per almeno il 90% in frammenti di dimensioni inferiori a 2 mm entro 3 mesi e deve essere verificata l’assenza di effetti negativi sul processo di compostaggio e sul compost finale.

Perché sono 3 simboli? Per ora non esiste un unico riferimento e i tre simboli sono legati agli enti che hanno certificato la compostabilità del prodotto (per ora DIN Certco dalla Germania, Vincotte dal Belgio e CIC ovvero Consorzio Italiano Compostatori dall’Italia). La normativa di riferimento è la stessa, ovvero la UNI EN 13432


Simbolo. Biodegradabile.

Indica la biodegradabilità, misurata valutando l’effettiva conversione metabolica del materiale compostabile in anidride carbonica con un metodo quantitativo illustrato nella EN 14046. Il livello di accettazione è pari al 90% da raggiungere in meno di 6 mesi. Di nuovo, ricordiamo che biodegradabilità e compostabilità di un materiale sono due concetti legati ma diversi.

Non esiste un simbolo ufficialmente riconosciuto di biodegradabilità, ma se ne possono trovare di diversi, solitamente con la scritta “biodegradabile”


Simbolo. Plastica seconda vita.

Indica che il prodotto ha ricevuto la certificazione ambientale volontaria Plastica Seconda Vita (PSV), dedicata ai materiali e ai manufatti ottenuti dalla valorizzazione dei rifiuti plastici provenienti dalla raccolta differenziata o da scarto industriale


Simbolo. Tipologie di plastica.

Questi triangoli richiamano al nastro di Moebius e indicano la tipologia e la riciclabilità della plastica e sono obbligatori per gli imballaggi. Per far si che sia più semplice riconoscerle e classificarle, la sigla accoppiata al numero è normata per le diverse tipologie di plastica. Dalla Decisione 129/97/CE abbiamo:

  • 1: Polietilentereftalato (PET o PETE), solitamente utilizzato per bottiglie e contenitori per alimenti. Questo tipo di plastica non è riutilizzabile ma è generalmente riciclabile
  • 2-4: Rispettivamente polietilene ad alta densità o a bassa densità. Utilizzato per imballaggi come flaconi, pellicole e vasetti o confezioni di alimenti
  • 3: Cloruro di polivinile. Utilizzato comunemente nell’edilizia
  • 5: Polipropilene, generalmente usato per contenitori di alimenti
  • 6: Polistirolo, utilizzato come imballaggio e protezione anti-urto o anche nell’edilizia in forma di pannelli isolanti
  • 7: Altre plastiche: tutti i polimeri diversi da quelli esplicitati dalla Decisione 129/97/CE sono identificati con il numero 7, ad esempio il poliammide (PA), il acrilonitrile-butadiene-stirene (ABS) o addirittura le plastiche biodegradabili e/o compostabili. E’ particolarmente consigliato in questo caso apporre la sigla del polimero per dare più indicazioni sulla tipologia di materiale

Per i rifiuti multicomponente, dove i materiali non sono divisibili manualmente vale la regola del 5%, ovvero se il materiale secondario ha una percentuale in peso minore del 5% si considera il prodotto come monomateriale.

Si ricorda che al momento di smaltire un rifiuto di plastica, non è però il codice identificativo a determinare quale tipo di plastica sia differenziabile o meno, quanto la “tipologia” dell’oggetto. In Italia, sono considerati differenziabili solamente gli imballaggi di plastica. Vedi qui per la nostra guida sull’argomento


Simbolo. Plastica PET.

Simbolo alternativo storicamente utilizzato sulle bottiglie per bevande per indicare il polimero PET (Polietilentereftalato)


Plastica nel prodotto. I Simboli del riciclo.

L’Unione Europea con il Regolamento di esecuzione 2020/2151 ha reso obbligatorio apporre questi simboli sui prodotti o l’imballaggio di specifici prodotti monouso così da sottolineare la presenza parziale di plastica (plastica nel prodotto) o totale (fatto in plastica). Questi prodotti sono assorbenti igienici, tamponi ed applicatori, prodotti del tabacco con filtro e filtri per tabacco, tazze per bevande.

Etichettatura ambientale

Con il D.Lgs. 116/20, i produttori di imballaggi di plastica sono obbligati ad apporre l’etichetta ambientale. L’etichetta è posta ai fini dell’identificazione e classificazione dell’imballaggio e include informazioni tanto sul materiale quanto sullo smaltimento.

Cosa si trova quindi nell’etichetta ambientale?

  • La tipologia di imballaggio, ovvero l’indicazione delle singole parti separabili manualmente
  • Il codice identificativo del materiale di imballaggio secondo la Decisione 129/97/CE, ovvero i codici delle plastiche sopra riportati. Anche in questo caso vale la regola del 5%
  • Eventuali indicazioni sulla raccolta differenziata, specificando in modo chiaro la famiglia di materiale per ciascuna componente o includendo diciture come “raccolta differenziata” o “Verifica le disposizioni del tuo Comune”

Un esempio

Abbiamo provato a creare un’etichetta per un fantomatico flacone dell’Osservatorio della Plastica con l’aiuto dello strumento creato da Conai (E-tichetta). Il flacone è costituito da un tappo in polipropilene (PP), un corpo in polietilene ad alta densità (HDPE) con una etichetta in PVC separabile. Il tappo e il flacone sono di plastica riciclabile ma non sono di materiale riciclato.

Questa sotto viene riportata la nostra etichetta, risultato del nostro lavoro. Come si vede, i componenti principali del flacone, il materiale e l’indicazione di smaltimento risultano riportati in modo chiaro e ordinato. Viene dato risalto all’importanza delle disposizioni comunali e c’è anche spazio per fornire alcuni suggerimenti per migliorare la raccolta differenziata!

Esempio di etichetta ambientale.
Esempio di etichetta ambientale.

Possiamo inoltre apporre il nastro di Moebius per indicare la riciclabilità dei materiali. Non apporremo però alcuna % dato che il materiale di partenza è vergine e non riciclato.

Simbolo. Nastro di Moebius senza %.

Ulteriori informazioni

Guida CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) per etichettatura ambientale: qui